Inserto sull'addio

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Alice, alice, alice

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Alice Munro che scriveva nel tempo in miniatura del riposino dei figli.

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Miryam Scandola
mag 16, 2024
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Alice, alice, alice
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Alice Munro è stata una scrittrice canadese. Ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura nel 2013. È morta l’altro ieri.

Alice Munro è timidissima, come tutte le nature poetiche. Quando le dicono che ha vinto il Nobel si preoccupa del discorso da tenere, delle cose intelligenti da dire con una voce che non si deve rompere mai. Rifiuta la fatica smisurata e registra un’intervista che sarà proiettata durante la consegna del premio.

Le relazioni e le voci degli altri la spaventano perché le conosce nella loro vastità come nel vizio che le consuma. Le ha osservate a lungo nella prossimità della provincia, in tutte le posizioni che la vita le ha fatto prendere.

Per darvi il contesto: un paese piccolissimo, il Canada rurale e un padre che alleva tacchini.

Alice Munro ha cominciato a pubblicare racconti sulle riviste, quando era già oltre la trentina. Mi piace di lei anche questo, e cioè l’esordio tardivo. Perché ha resistito alla tentazione della normalità e, insomma, del riposo che è stare in qualcosa di comune e stabile, come la vita senza grosse ambizioni e quindi senza vento ma solo una flebile corrente e, se chiudi la finestra, neanche quella.

Munro scrive dall’una alle tre, quando i suoi bambini riposano nel pomeriggio. Ne ha tre più una adottiva e le sembra miracoloso riuscire a comporre qualcosa di leggibile in quei minuti dove si concentra l’esistenza che rimane, oltre la cura. Si vergogna e si chiede se è prima madre e poi scrittrice e poi quanto madre può essere se vuole essere una scrittrice eccezionale. Perché ogni spazio dedicato al proprio talento si guadagna con la colpa e il tormento di non essere altrove, magari a vivere.

Per questo è una maestra dei racconti. Non si fida di se stessa quando si deve misurare con l’usura della lunghezza, con quel genere questuante che è il romanzo, per chi lo scrive e sempre anche per chi lo legge.

Di lei amo come descrive i laghi e la sua ossessione per il tema della scomparsa. Ne è terrorizzata e ostile; quindi la racconta in tutti i modi che può nelle donne che fa esistere. Signore con i volti già un po’ segnati dalla pelle secca, legate a uomini molto grossi che occupano tutto il divano e che poi quando se ne vanno, perché se ne vanno praticamente sempre, scrivono lettere con frasi micidiali.

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