La notte azzurra di Joan Didion
Il diario appena pubblicato della scrittrice americana, e come aiuta chi di noi ha perso chi ama.
Inserto sull’addio è la newsletter di Miryam Scandola sulle lettere, i carteggi, la scrittura privata e sul modo in cui si sono amati le scrittrici e gli scrittori. Insomma: inviti a cena, telegrammi pieni di scuse e vite vaste, che parlano alla nostra.
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🌹 Memo del mese, per procedere nella vita:
«Tutto ciò che sapevo, allora, era quello che non sapevo fare. Quello che non ero. Ci sono voluti anni per scoprire chi fossi. Che ero una scrittrice».
Joan Didion
📆 Calendario struggente:
Il 20 maggio alle 18.30, negli spazi della libreria Pagina Dodici di Verona parliamo di lettere e di amore, e di come si continua a vivere dopo due fidanzamenti annullati e un amore sempre atteso e ora scomparso.
Ti ricordi la storica fidanzata di Franz Kafka? Quella ragazza che lo scrittore scambia per una domestica, quando la vede la prima volta a casa dell’amico Max Brod. Ecco lei: Felice Bauer. Franz Kafka si innamora quasi subito e lo confida nelle lettere: «mi sono sentito legato a te fin dalla prima sera». La storia però, come sai, non finisce bene.
Puoi recuperare la vicenda qui:
La scrittrice ceca Magdaléna Platzová, nel suo libro La vita dopo Kafka, racconta la vita di Felice dopo la fine del suo grande amore, in un romanzo che attinge in modo attento alla verità documentale.
La bella notizia? Magdaléna Platzová viene a Verona e con lei entreremo dentro il mistero di Felice Bauer e degli anni che ha trascorso dopo, lontano da quel marito solo sognato.
L’ingresso è gratuito. Sarà struggente.
Ora cominciamo con la storia di aprile.

Per molto tempo Joan sa di se stessa solo cosa non è. Non è una persona che costruisce sistemi mentali. Non è un persona che riesce a pensare in astratto. E questo perché il suo sguardo è affollato da ciò che accade, dai fatti periferici, i dettagli anche minuscoli, ma irruenti, perché tangibili.
Joan Didion è sempre rivolta verso le cose piccole che fanno accedere a quelle grandi, dal burro agli ometti spelacchiati fino all’autobus della Greyhound e al modo in cui si allarga l’orizzonte del West americano.
Perché sì, è così, lo sappiamo: sei una scrittrice se vedi le cose brillare, mentre la gente ci passa accanto e non si volta. Sei una scrittrice se la tua sensibilità si lascia irritare da quello che osserva.
Joan si lamenta di essere troppo timida per fare la giornalista. Ma la timidezza costringe all’attenzione diligente, quella che conduce alla capacità di osservazione. E quindi Didion è una giornalista bravissima, forse la migliore dei suoi anni. Quando le tocca fare interviste a personaggi famosi, i colloqui sono pieni di pause, dovute al suo carattere riservato, che diventano però leve involontarie per costringere le persone a confidarsi, dire qualcosa di vicino alla verità.
Joan Didion è, prima di tutto, una bambina americana che a cinque anni scrive i suoi primi racconti, a undici passa le giornate a fare collage con i libri di Hemingway. Analizza la prosa apparentemente facile dello scrittore, prende le frasi e le riscrive, sposta i verbi, cambia e stravolge ma poi torna al ritmo primario, in tutto quel suo magnetismo. Da Hemingway Didion vuole scoprire il segreto mai risolto delle frasi semplici.
Lo stile della scrittura è la sua ossessione, il suo continuo lavoro. Con il tempo diventa il modo in cui porge le parole quando parla, la struttura attraverso la quale sa finalmente cosa pensare. «Io sono, o sono diventata, il mio modo di scrivere». La disposizione dei sostantivi è essenziale. La grammatica può essere una forma sorprendente di etica. Si tratta soprattutto di una battaglia, nervosa e stupenda, per rispettare i tempi della voce.
Perché scrivere non è mai comporre per una soddisfazione estetica, è farlo per raggiungere la potenza, il suono più intenso, con cui va pensata e scritta una frase. Ne va dello sforzo di tutta la vita. La sua. «Come molti scrittori, non ho altro che questo: scrivere. Non ho altro».
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Joan Didion e il suo amore più grande, morto all’improvviso mentre preparavano l’insalata per cena;
La scrittrice e il suo essere madre, con apprensione e distacco;
Il rapporto con la scrittura della grandissima scrittrice americana, la sua ossessione per lo stile e la sua voce che non si è mai piegata;
La selezione di libri che di lei si dovrebbero leggere;
La scoperta di cosa può farti leggere le sue pagine, soprattutto se stai affrontando un lutto o la fine di un amore (mi dispiace). E cioè di come si può re-imparare a vivere, camminare per la città, attraversare in macchina gli incroci delle strade con gli occhi annebbiati dalle lacrime e fare lentissimi scatoloni degli oggetti di queste nostre persone così amate e ora sparite.
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