Non vi parlo degli altri amori di Ingeborg Bachmann, non ce la faccio. Non vi dico di quel soldato, Jack Hamesh, che le bacia la mano di ragazzina prima di partire con il convoglio e di lei che piange a dirotto seduta su un albero di mele e medita di non lavarsi la mano mai.
Non vi dico degli altri, che pure sono stati affascinanti e brutali, perché posso parlarvi solo di lui, che, dice Ingeborg, “era la mia vita”.
Questa storia, quindi, è solo la storia di due poeti che si sono innamorati in sei settimane e che si sono scritti per 19 anni.
Cominciamo con la loro poesia.
Ingeborg Bachmann a Paul Celan ne hanno una, che citano sempre nelle loro lettere, si intitola Corona. Intendono la ghirlanda ma anche, e soprattutto, la luce del sole, il suo contorno che si vede durante un’eclisse totale. Quando, insomma, tutta la luce è coperta fatta eccezione per quella striscia che lotta per un istante di evidenza.
Il loro amore è così: combatte sempre con l’oscuro. Il buio della disperazione di Celan, poeta ebreo scampato ai lager, ma anche il mistero senza luce che è il luogo indeterminato dove comincia il gesto della scrittura.
“Ci diciamo cose oscure” recita un verso di Corona.
Nei lunghi anni della corrispondenza, i due poeti cercano le parole dove trovarsi, ricordano il loro maggio e il loro giugno, quella primavera di sei settimane dove c’è stato il loro incontro. Quando sono disperati, pensano alla fessura di quei giorni insieme a Vienna, in un parco, nel 1948.
Forse mi inganno, forse è vero che noi ci schiviamo proprio quando vorremmo tanto incontrarci, forse colpevoli siamo tutti e due.
[…]
Ma tu non mi dici quanto lontani sono, dietro quest’anno, il nostro maggio e il nostro giugno…
Paul Celan in una lettera a Ingeborg Bachmann Troviamo le parole, Ingeborg Bachmann - Paul Celan. Lettere 1948 -1973, Nottetempo, 2010.
Si parlano nei versi, si scrivono lettere che sono desiderio, mancanza e malinteso. Mettono il loro amore e quel parco nelle poesie e nei romanzi. Ingeborg Bachmann fa dire questo alla protagonista di un suo libro, quando si sveglia impaurita, dopo una notte di incubi.
Stai calma, pensa al parco, pensa alla foglia, pensa al giardino di Vienna, al nostro albero, la paulonia fiorisce. Mi calmo subito perché la stessa cosa è successa a noi due.
Ingeborg Bachmann in Malina, Adelphi
Dopo qualche mese Celan fugge a Parigi. Bachmann resta a Vienna, prima di inaugurare il suo nomadismo che la condanna a non “prendere paese”. Non si vedono per molto tempo, si scrivono lettere frammentate, si aspettano e poi si dimenticano di essere attesi, si sposano con altre persone che hanno il carattere forte che serve a sostenerli.
Ma il dialogo letterario di Paul e Ingeborg - e il loro sentimento - continua per anni nelle poesie di lei e in quelle di lui, nel modo in cui si amalgama la loro metrica. Persino nelle metafore che compongono c’è il ricordo dell’altro, di come parla. Bachmann scrive, esausta, “i miei pensieri cercano sempre te”.
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